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Miela Fagiolo D'Attilia

Giornalista, scrittrice, coordinatore redazionale di Popoli e Missione.

Nel ricordo della vita donata di Nadia De Munari

Nadia De Munari, missionaria laica vicentina dell’Operazione Mato Grosso, veniva uccisa il 24 aprile di un anno fa, in missione tra i bambini del Perù

 

nadiademunari 1Oggi è il primo anniversario della morte di Nadia De Munari, la volontaria laica uccisa a 50 anni il 24 aprile 2021 nel quartiere povero di Nuevo Chimbote in Perù, dove era presente da 30 anni con gli operatori dell’Operazione Mato Grosso (OMG). Nadia è l’unica italiana nell’elenco dell’Agenzia Fides dei missionari uccisi lo scorso anno e la sua testimonianza è stata ricordata il 24 marzo scorso durante la Giornata dei Missionari Martiri promossa da Missio Giovani. Una vita donata che è una testimonianza di amore al Vangelo.

Originaria di Giovenale, una frazione di Schio (Vi), Nadia aveva 50 anni e metà della sua vita di missionaria laica era stata dedicata ai poveri e ai bambini della regione affacciata sulla costa peruviana sul Pacifico qualche centinaio di chilometri a Nord della capitale Lima. 

È stata aggredita di notte, presso la casa “Mamma mia” mentre dormiva da qualcuno che ha cercato di strangolarla e poi l’ha colpita mortalmente con un macete. Soccorsa dagli altri volontari, Nadia è poi morta nell’ospedale di Nuevo Chimbote, una città di mezzo milione di abitanti, in buona parte migranti dalla Sierra che vivono in una delle baraccopoli più pericolosa delle Ande. Perché Nadia sia stata aggredita così brutalmente, è una domanda ancora senza risposta «anche se la polizia criminale di Lima, intervenuta, si dice fiduciosa di individuare il colpevole - dice don Refosco -. Pensiamo si tratti di vendetta personale, non certo da ricercare nel mondo dell’infanzia dove Nadia lavorava. Era la coordinatrice di cinque asili con 500 bambini ma forse la risposta è nel contesto dell’attività che svolgeva nel quartiere dove abitava a Nuova Chimbote».

La vita di Nadia è una testimonianza forte che rivive nel ricordo dei suoi amici Massimo e Rossella Casa.

 

Guarda il video realizzato da Luci nel Mondo per Missio

 

«L’abbiamo vista crescere da quando era una ragazzina. Abbiamo condiviso le scelte che faceva, sempre più decisa a dedicare il suo tempo ai poveri». Massimo Casa, 64 anni, sposato dal 1983 con Rossella, quattro figli e cinque nipoti, ricorda con commozione. Nadia De Munari, la volontaria laica uccisa a 50 anni il 24 aprile 2021 viveva nel quartiere povero di Nuevo Chimbote in Perù, dove era presente da 30 anni con gli operatori dell’Operazione Mato Grosso.

Tre giorni prima di morire era stata aggredita nella casa-famiglia dove operava, e ferita gravemente a colpi di macete. Volevano portarle via una manciata di dollari e il cellulare. Massimo, che da 12 anni ha scelto di abitare nella canonica della parrocchia di San Giuseppe a Monte di Malo sui colli dell’Alto Vicentino per fare un’esperienza di vita comunitaria missionaria, non riesce a capacitarsi della morte di Nadia, sempre al servizio dei bambini poveri. «La sua morte mi sembra ancora oggi assurda. L’inchiesta ha portato all’arresto dell’esecutore del fatto, non sappiamo tutto quello che c’è intorno a questo assassinio inaccettabile, segno della povertà e del degrado di una società allo sbando, dove può succedere di tutto, anche che una persona venga uccisa per rubarle pochi dollari. Faccio fatica ad accettare che questo sia successo veramente, è un pensiero che non dà pace».

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La sua vita

Nata a Giavenale, quartiere di Schio (la cittadina in cui visse Santa Giuseppina Bakhita) in provincia di Vicenza, Nadia era una maestra d’asilo che aveva scelto la strada della missione. Prima in Ecuador per un anno e poi in Perù dove era ormai da quasi 30 anni. Si occupava dei bambini più poveri, in sei asili e una scuola elementare in una baraccopoli a Nuevo Chimbote, sulla costa centro-settentrionale del Paese. Qui aveva fondato anche la casa-famiglia “Mamma mia” per ragazze madri, dove accoglieva adolescenti in difficoltà e dove abitava lei stessa. Sono proprio le giovani madri che l’hanno soccorsa la notte in cui è stata aggredita, cercando di salvarla con una corsa contro il tempo per portarla in ospedale nella capitale Lima. Ma Nadia ormai aveva perso troppo sangue e le ferite erano troppo profonde e purtroppo non ce l’ha fatta.

Agli amici più cari come Massimo e Rossella, Nadia manca molto, anche se - come sottolineano - il suo esempio resta presente più che mai: «Il suo impegno era a 360 gradi, si era donata a questo servizio. Le sue erano giornate di impegno, attività, dedizione di progettualità e cura a chi viene dimenticato. Se lei notava che la mamma di un bambino era strana, cercava di avvicinarla per cercare di aiutare il bambino anche attraverso la sua mamma. In questo regalarsi, Nadia è sempre stata serena. Era convinta che fosse un modo bello e importante per vivere la sua vita».

 

La sua storia raccontata in questo articolo

Miela Fagiolo D'Attilia

Giornalista, scrittrice, coordinatore redazionale di Popoli e Missione.