Per questo siamo ragionevolmente convinti di non dover “abbassare la guardia”, lasciandoci abbattere o fossilizzare dalla pandemia, ma scegliamo di vivere il FdM come un’opportunità propizia per “riprendere fiato”, per “dare voce”, per “gridare sui tetti” che Dio è sempre con noi, che ci accompagna nella storia, che custodisce le sue creature e i suoi “messaggeri del vangelo” e che ama tutti i popoli indistintamente, essendo loro «più preziosi della pupilla del suo occhio». Per questo ci rimettiamo in movimento e ci affidiamo allo Spirito che - come diceva l’amato Card. Martini: «arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi. A noi non tocca né seminarlo, né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo e seguirlo».
La Pandemia ci ha scoperti estremamente bisognosi gli uni degli altri, soprattutto consapevoli del valore delle relazioni umane e del dialogo, indispensabili nell’auspicata futura ricostruzione che ci attende. Contemporaneamente ha fatto emergere la necessità di curare una dimensione permanente all’educazione, in modo particolare dei nostri giovani (ecco la scelta di programmare anche un Pre-Festival e un Post-Festival), perché possano imparare a riconoscere ciò che sta accadendo e iniziare a vivere, con un’umanità ricreata, i vari ambiti in cui si dipana la vita.
Questa iniziativa vorrebbe diventare uno “spazio di vita” in cui offrire tempi di riflessione e di coinvolgimento attorno agli sviluppi futuri della Missione (evangelizzazione e promozione umana) e al ruolo delle nostre missionarie e dei nostri missionari italiani all’estero, più di 5.000, oggi più che mai protagonisti nella Cooperazione internazionale del nostro Paese.