Skip to main content
di Chiara Pellicci

È possibile una geopolitica della pace? Se ne discute al Festival della Missione

Una Tavola rotonda all’Università Cattolica del Sacro Cuore, all’interno del programma del Festival della Missione in corso a Milano, ha riunito esponenti della politica, della diplomazia e della cooperazione allo sviluppo per riflettere sulla “geopolitica della pace”.
A fare gli onori di casa, Antonella Sciarrone Alibrandi, pro rettore vicario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si è svolto l’evento e dove è stato attivato un corso di laurea nell’ambito della cooperazione internazionale. Il moderatore, Marco Caselli, docente di Sociologia della Cooperazione dell’ateneo milanese, ha messo in chiaro i numeri senza mezzi termini: «Nel 2012 lo Stato italiano ha destinato lo 0,14% del Pil agli Aiuti allo Sviluppo; nel 2007 addirittura lo 0,11%», cifra ben lontana dallo 0,70% che è l’obiettivo da raggiungere entro il 2030 e che è l’impegno sottoscritto dall’Italia 50 anni fa all’Onu.
Ivana Borsotto, presidente di FOCSIV, ha illustrato la Campagna 070: chiedere alla politica e alle istituzioni un chiaro provvedimento normativo che stabilisca un calendario preciso e graduale per arrivare nel 2030 a far sì che lo 0,70% del Pil italiano venga destinato alla cooperazione allo sviluppo.
«La Campagna – ha spiegato Borsotto - nasce con un atto di fiducia nei confronti del nostro Paese, perché un Paese che mantiene la parola data (quella di 50 anni fa all’Onu, ndr) è un Paese più credibile».
La paura di questi tempi, dovuta alla guerra che sta coinvolgendo l’Europa e alla crisi economica, paralizza. Ma la Campagna non è un di più, non è beneficenza: «Insieme ai partner della Campagna 070 (tra cui la Fondazione Missio, ndr), vogliamo andare nelle piazze, nelle parrocchie, nei mercati, per confrontarci con chi pensa che la cooperazione allo sviluppo sia un lusso che non possiamo permetterci».
Che il raggiungimento dell’obiettivo della Campagna 070 sia fondamentale per perseguire la pace e assicurare la stabilità internazionale è convinzione anche di Lia Quartapelle, deputata del Partito Democratico nella Commissione esteri della Camera: «Come si può raggiungere la pace senza ragionare sulla giustizia? Ci sono equilibri diseguali in termini ambientali, in termini di diritti non equamente garantiti, in termini economici», ha commentato Quartapelle. E il rispetto dell’impegno nella cooperazione internazionale è fondamentale: «Un Paese come l’Italia, e di conseguenza l’Europa, non può non guardare agli equilibri del Mediterraneo e dell’Africa».
Alfredo Mantica, ex senatore e attuale vicepresidente della Fondazione AVSI, ha confermato la visione di Quartapelle, sebbene i due siano di aree politiche opposte: «Dobbiamo spiegare chiaramente che la cooperazione allo sviluppo non è un regalo, ma è un investimento». D’altronde, «il Mediterraneo non è un mare: è un ponte tra l’Europa e l’Africa, due continenti che devono convivere, perché non possiamo scegliere di non farlo. Il raggiungimento dell’obiettivo della Campagna 070 è un goal anche per la politica estera italiana, che ha l’obbligo di guardare verso Sud, mentre l’Europa è molto più interessata a ciò che accade ai suoi confini verso Est».
Infine l’ambasciatore Pasquale Ferrara, riferendosi al titolo dell’incontro, ha invitato i presenti a riflettere sul fatto che «la pace non è più concepita come un bene comune, ma di una parte di mondo: il concetto di pace va decolonizzato perché non possiamo dirci in pace se in tante parti del mondo non c’è pace».
Nella metamorfosi d’epoca che stiamo vivendo, è fondamentale «coniugare la diplomazia con la pace: sembra che parlare di pace sia andare nei libri dei sogni e dei desideri. Ma la pace è il fine ultimo del servizio diplomatico e di quanti operano nel servizio internazionale».

di Chiara Pellicci